Moda e Fast Fashion

                                                                            Il riciclaggio… nella moda

Negli ultimi anni termini come riciclo, sostenibilità e riutilizzo sono stati utilizzati sempre di più nella moda. Nei processi di produzione industriale, le condizioni di lavoro e di qualità del prodotto sono spesso scadenti. In risposta a ciò, questi ideali cercano di dare una seconda vita a tessuti dimenticati, riciclando materiali plastici o utilizzando materie prime biologiche.

Secondo una relazione emanata dalla Commissione Europea (CE), ogni cittadino consuma in media 26 chili di prodotti tessili all’anno. Una cifra che si traduce con oltre 16 milioni di tonnellate annuali solamente nell’Unione Europea. Il tutto implica un grande impatto ambientalederivante dalla quantità di acqua e energia utilizzata per la creazione di un indumento. Secondo i dati forniti dal rapporto preparato dalla Federazione europea, il 73% dei materiali utilizzati per la produzione di abbigliamento finisce in discarica e solamente l’1% di essi, viene riciclato. 

 

La produzione di abbigliamento è un processo che influisce sull’ambiente. Un modo per contribuire a ridurre l’impatto dei rifiuti tessili sul pianeta è acquistare indumenti che fanno parte del riciclaggio tessile. Questo perché, il riciclaggio tessile è di grande importanza quando si tratta di rallentare la produzione di nuovi tessuti sintetici a base di petrolio. Il tutto comporta un minore impatto ambientale, contribuendo così al risparmio idrico, energetico, e alla minore produzione di rifiuti.

L’utilizzo di rPET per realizzare tessuti riciclati aiuta enormemente a ridurre l’inquinamento rendendo così l’ambiente ecologico. Con il riutilizzo di tessuti riciclati, nei processi di produzione vi è una forte diminuzione delle emissioni di CO2. Un altro vantaggio è che i capi creati con poliestere riciclato possono essere riciclati più e più volte, consentendo così di ridurre al minimo gli sprechi.

Tessuti che possono essere riciclati
  • Poliestere: le fibre di poliestere riciclato, chiamate anche rPET sono realizzate attraverso il riciclaggio di bottiglie di plastica e non solo. Sebbene queste non siano naturali o biodegradabili, il riciclo genera il 54% in meno di emissioni di CO2.

 

  • Cotone: il riciclo del cotone comporta l’ottimizzazione dell’energia e delle risorse naturali necessarie. Il cotone è la fibra naturale per eccellenza, ma per produrlo vengono utilizzate tonnellate d’acqua e pesticidi chimici (quando non è biologico).

 

  • Nylon: il nylon riciclato ha gli stessi vantaggi e svantaggi del poliestere riciclato. Essendo una fibra artificiale, richiede molti anni per decomporsi, ed è per questo che è meglio usare la variante riciclata. La maggior parte di questa fibra è realizzata riciclando reti da pesca, tappeti e collant.

 

  • Lana: utilizzare la lana riciclata è un’ottima alternativa perché impedisce di generare scarto nelle discariche ed evita le spese di tonnellate d’acqua e sostanze chimiche utilizzate nei processi di produzione.
Moda e Fast Fashion 

La moda è uno dei settori commerciali più potenti al mondo. Essa è la seconda industria più inquinante dopo quella petrolifera. Questo perché i grandi marchi di abbigliamento propongono ogni anno nuove collezioni. I brand di fast fashion, per avere prezzi abbordabili e riuscire a tenere il ritmo dei grandi marchi, ma con una produzione su larga scala, optano per materiali scadenti e un processo di produzione poco etico. La fast fashion esprime il concetto di comprare a basso costo un capo di abbigliamento,  indossarlo un paio di volte e poi buttarlo, perché rovinato o inutilizzato. 

 

Le false promesse della moda 

Vediamo realmente cosa c’è dietro l’etica ecologica di due brand molto differenti, e che applicano leggi diverse in campo di riciclo e impatto ambientale. I due brand in questione da noi scelti sono H&M e Prada.

Fondato nel 1947 ci viene presentato come uno dei più grandi brand di “fast fashion” che ha a cuore il bene del pianeta! La verità è che malgrado le grandi iniziative pecca di credibilità. Questo brand, che fa pure parte dell’organizzazione Global Fashion Agenda, iniziativa che sponsorizza la moda sostenibile, è stato più volte accusato di utilizzare materiali che non sono scadenti, ma che hanno un grave impatto sull’ambiente. In risposta a questo H&M ha lanciato la sua prima collezione di capi sostenibili che però non presentano percentuali sostanziose di materiali ecologici o riciclati, che nel 2019 hanno raggiunto solo 64.5%. Percentuale che però non è ritenuta credibile dopo l’analisi delle etichette dei loro prodotti. Per di più pur usando materiali vegani o riciclati questo brand è conosciuto, come altri, per il suo sfruttamento di manodopera. Quindi pensiamo che, malgrado le buone iniziative, esse non siano abbastanza radicali per dire che anche la fast fashion è entrata a far parte del mondo del riciclo! 

Il noto brand milanese, si può dire che abbia fatto innumerevoli passi in avanti in campo ambientale! Essa infatti oltre ad aver vietato l’uso di pellicce animali si sta impegnando nel riciclaggio di materiali come il nylon in collaborazione con il gruppo italiano Aquafil. Per le sue nuove collezioni eco friendly ha deciso di lavorare con materiali come reti da pesca e pannelli di moquette, per dimostrare che tutto può essere riciclato! Ha persino reinventato il suo iconico logo a triangolo mettendo una freccia, ad indicare un’economia circolare! In oltre ha limitato l’uso di sostanze tossiche! Però anche Prada pecca in certi ambiti, come quello della limitazione dell’acqua nella produzione dei suoi capi e anche nell’ambito dei salari considerati ancora troppo bassi. Quindi possiamo dire che Prada ha sicuramente raggiunto alcune vittorie nel campo del riciclo, ma che deve ancora lavorare sul suo impatto ambientale!

Nuove idee

Oggi vi sono moltissimi nuovi modi per riusare e riciclare i vestiti dismessi, in modo semplice e veloce:

  • Pre-loved e vintage: vendere i propri vestiti che non vengono più usati. Moltissime app sono state sviluppate per questo scopo. Ciò permette a chi vende di guadagnare su indumenti che non utilizza più, e a chi compra di risparmiare su capi in ottimo stato. Anche nel mondo dell’alta moda, si sta lentamente diffondendo questa nuova iniziativa.  

 

  • Punti di raccolta: portare gli indumenti ai punti di raccolta così che possano essere smistati fra riciclabili e riutilizzabili. Nel primo caso, i vestiti vengono trovati in buone condizioni perciò vengono donati alle persone bisognose. Mentre nel secondo caso i vestiti vengono nuovamente suddivisi per composizione, al fine di creare differenti tipologie di prodotti, solitamente di minor valore. Attualmente moltissime catene hanno dei punti di raccolta per indumenti smessi, ad esempio OVS, H&M e Zara, e spesso incentivano i consumatori con degli sconti.

 

  • Upcycling: riutilizzo creativo di capi dismessi o invenduti. Ovvero dare una nuova forma, colore o funzione a capi che altrimenti non verrebbero utilizzati. Permettendo di avere un nuovo indumento, senza nessun costo o spreco. Questo nuovo concetto si sta espandendo molto rapidamente fra gli stilisti di grande fama. Per riutilizzare vestiti che altrimenti verrebbero indossati solo una volta. 

 

Iniziative dei brand 

Moltissimi brand, stanno cercando di riutilizzare prodotti di scarto per dare vita a dei nuovi capi o accessori, vendendoli a dei prezzi lievemente più alti per permetterne la lavorazione.

  • Timberland: ha cominciato a realizzare un nuovo stivale cult. Ciascun paio è realizzato con plastica di bottiglia per la fodera e gomma riciclata per la suola.

 

 

  • Converse: in collaborazione con Parley for the Oceans, l’Adidas ha prodotto oltre 6 milioni di paia di scarpe realizzate con la plastica riciclata degli oceani. Inoltre ha lanciato anche una nuova linea di scarpe, realizzata esclusivamente con PET riciclato, a dimostrazione di come un materiale di scarto possa trasformarsi in una risorsa.   

 

  • Cubitts: ha creato nuove montature di occhiali, realizzate a mano, a partire dai più inusuali materiali di scarto come CD, patate, scatole di plastica e alluminio.

 

 

Fonti